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Come si può passare dal Digital Divide all’Inclusione Digitale?

 

La nostra quotidianità, sempre più online

Negli ultimi mesi ognuno di noi ha potuto sperimentare come molti momenti semplici e ordinari della nostra quotidianità abbiano radicalmente cambiato forma: dalla lezione di scuola alla riunione di lavoro, dalla visita ai parenti allo svolgimento di pratiche burocratiche, ci siamo ritrovati a dover cambiare le nostre abitudini di fronte allo spostamento a distanza della maggior parte delle attività quotidiane.

Smart Working, FAD (Formazione A Distanza), DAD (Didattica A Distanza), Online Banking, Shopping Online, sono solo alcuni esempi di come ormai l’impossibilità di incontrarci di persona sia stata sostituita da un medium tecnologico, da uno schermo o da un sistema informatico che ci supporta nel portare avanti attività ordinarie, in modalità alternative a quelle che abbiamo sempre dato per scontate.

Se da un lato la possibilità di poter svolgere tali attività a distanza denota un’importante innovazione tecnologica e digitale in grado di portare il nostro Paese più vicino alla media europea nell’utilizzo di internet e dei sistemi digitali, dall’altro lato porta all’attenzione la questione che riguarda chi rimane escluso da questa innovazione, perché non in possesso degli strumenti e delle capacità di stare al passo con tale innovazione. 

 

Il problema: Digital Divide

Questo fenomeno viene definito Digital Divide, divario digitale, ovvero il fenomeno dell’esclusione dai benefici del progresso tecnologico e dell’innovazione. Le cause che portano al divario digitale sono sempre di tipo socio-economico (mancanza di infrastrutture adeguate) e culturale (mancanza di conoscenze adeguate), mentre gli effetti si identificano nella disuguaglianza nell’accesso e nell’uso delle tecnologie e nella divisione tra la popolazione che ha accesso ad internet e quella che non ce l’ha.

Di norma si distinguono tre tipi di divario digitale: globale (relativo alle differenze tra paesi più o meno sviluppati) sociale (che riguarda le disuguaglianze esistenti all’interno di uno stesso Paese) e democratico (relativo alle condizioni di partecipazione alla vita pubblica del paese in base all’uso efficace e consapevole delle nuove tecnologie).

Oltre a queste macro categorie, quando si parla di divario digitale è necessario anche tener conto anche di due ulteriori aspetti: la dimensione cognitiva del singolo che non possiede le conoscenze informatiche minime per utilizzare il mezzo digitale in autonomia, e la dimensione infrastrutturale che evidenzia mancanze nella disponibilità di dotazioni infrastrutturali e tecnologiche necessarie a consentire la navigazione.

 

I dati di Agenda Digitale sulla Digital Divide in Italia

Secondo alcuni dati raccolti dal sito Agenda Digitale, al 2018 in Italia la popolazione che non è coperta dalla banda ultralarga di internet, ormai necessaria per una connessione “adeguata”, oscilla tra il 20% e il 40% del totale (mancanza di infrastruttura), mentre riguardo all’uso di strumenti e servizi tramite il web la media italiana e decisamente più bassa di quella europea (mancanza di conoscenze adeguate).

Se la situazione non è rosea per la maggior parte della popolazione, si va complicando quando analizziamo nel dettaglio quali sono le categorie più minacciate dall’esclusione digitale: le donne non occupate o in particolari condizioni (digital divide di genere), le persone migranti (digital divide linguistico culturale), gli anziani senza familiarità con le tecnologie (digital divide intergenerazionale), le persone con disabilità e le persone detenute; queste sono le categorie più toccate dall’analfabetismo digitale perché spesso soggette a fattori endemici quali bassa scolarizzazione, gradi di disabilità elevati e appartenenza a contesti socio-economici svantaggiati.

 

La crisi Covid complica  il quadro

Già con il primo lockdown la questione dello svantaggio di tali categorie è emersa con evidenza ed oggi, mentre lo spettro dell’isolamento ritorna con la seconda ondata di contagi e nella quasi totalità delle Regioni l’impossibilità di incontrarsi ha spostato tutte le attività e i servizi online, corriamo il rischio che questo divario vada ad amplificarsi, se non vengono prese urgentemente misure adeguate.

Si pensi ad esempio alle già difficili condizioni socio-economiche di queste fasce di popolazione, che il digital divide amplifica nella privazione di opportunità e diritti. Si pensi ad esempio alla scuola, di cui molto si è dibattuto in questi mesi, e di come la formazione a distanza non sia accessibile in maniera uguale da parte di tutti i ragazzi e le ragazze coinvolte a causa della mancanza di infrastrutture adeguate, di mezzi e strumentazione idonea, ma anche di una formazione propedeutica ad una conoscenza efficiente degli strumenti digitali da parte degli studenti così come del corpo docente.

Si pensi ancora alle persone con disabilità, in particolare disabilità psichiche, terribilmente impattate dalla pandemia in termini di isolamento e limitazione della libertà, perdita di contatto e supporto fisco necessari al benessere mentale di molti, per le quali non si è ancora avviato un processo di implementazione di sistemi e tecnologie digitali atti a sopperire alle modalità di supporto utilizzate finora. 

 

Il monito delle Nazioni Unite

Quali soluzioni sono dunque perseguibili nel prossimo futuro, nell’ottica di trasformare il divario digitale in inclusione digitale? Già nel 2012 il Consiglio sui diritti umani delle Nazioni Unite, con l’approvazione della risoluzione A/HCR/20/L.13, ha identificato Internet come diritto fondamentale dell’uomo e la rete come “una forza nell’accelerazione del progresso verso lo sviluppo nelle sue varie forme”, chiedendo a tutti gli Stati di promuovere e facilitare l’accesso a Internet.

Dunque sono le stesse Nazioni Unite a ricordarci che questo è “uno degli strumenti più importanti di questo secolo per aumentare la trasparenza, accedere alle informazioni e facilitare la partecipazione attiva dei cittadini nella costruzione delle società democratiche”. Anche l’Agenda Europea per lo sviluppo sostenibile ci dice, all’interno dei suoi 17 obiettivi, che occorre “fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti”, “incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva ed un lavoro dignitoso per tutti” e “costruire un’infrastruttura resiliente e promuovere l’innovazione ed una industrializzazione equa, responsabile e sostenibile”. 

 

Come raggiungere dunque tali obiettivi e assicurare che tutte le persone, a prescindere dalle condizioni di partenza, possano realizzare il proprio potenziale con dignità ed uguaglianza in un ambiente sano, in armonia col progresso economico, sociale e tecnologico?

 

I possibili ambiti di intervento contro la Digital Divide

Gli ambiti principali di intervento in questo senso sono due: dotare tutto il territorio, con riguardo particolare alle aree maggiormente svantaggiate, di una infrastruttura tecnologica adeguata e di strumenti digitali idonei allo svolgimento di attività online; lavorare per la formazione e l’alfabetizzazione digitale di tutte le categorie svantaggiate sopracitate. Nella realizzazione di questi due interventi concorrono attori diversi, a seconda dell’obiettivo: potremmo tra questi citare lo Stato e la pubblica amministrazione, le aziende informatiche, gli enti di formazione, le associazioni di categoria, e così via.

 

Buoni esempi

Si veda ad esempio l’iniziativa del Comune di Firenze, che sceglie di affrontare il problema del digital divide attraverso la messa online di una piattaforma aperta a tutti i cittadini per acquisire più consapevolezza nei confronti dei nuovi strumenti digitale attraverso corsi di formazione totalmente gratuiti, con l’obiettivo di investire sulle nuove tecnologie ma al contempo anche sulla cultura e sulla formazione dei cittadini. O ancora l’iniziativa di Microsoft, che ha scelto di mettere a disposizione di imprese e individui soluzioni di cloud computing, Intelligenza Artificiale e Sicurezza per realizzare progetti di trasformazione digitale. 

 

Perché è necessario agire

Questo genere di iniziative è necessario al fine di riuscire ad intraprendere azioni idonee a conferire le necessarie competenze e abilità informatiche e a far comprendere i benefici dell’uso delle tecnologie digitali a tutti coloro che ne sono digiuni. Sono inoltre necessarie al fine di coinvolgere nella progettazione dei servizi il soggetto pubblico e/o privato che li eroga, affinché siano progettati con attenzione alle diverse esigenze; allo stesso modo, occorre rendere accessibili hardware, software, siti web, piattaforme, dispositivi attraverso la diffusione della cultura dell’accessibilità e dell’usabilità pensata sui bisogni dell’utenza è un’altra utile strategia inclusiva; come lo è altrettanto rendere accessibili i processi con cui si comunica, si interagisce, si apprende, si creano contenuti e informazioni attraverso le ICT.

 

Il digitale che unisce e protegge

La trasformazione digitale di cui abbiamo fatto esperienza negli ultimi mesi non ha pari nel passato. Grazie all’innovazione digitale e alle soluzioni tecnologiche adottate è stato possibile pensare strategie efficaci per garantire la prosecuzione delle attività ordinarie (come la scuola) così come per garantire l’operatività di aziende e istituzioni, oltre che per gestire l’emergenza nell’immediato e immaginare il rilancio nel futuro. Ma la questione del divario digitale rimane: molti sono rimasti indietro da questo salto in avanti della tecnologia.

Ripensare quanto appreso in questi mesi con un occhio di riguardo a chi è più penalizzato ci permette di ripensare al ruolo del digitale in chiave strategica per ridisegnare un futuro realmente inclusivo e sostenibile.

 

Difference in Addition supporta le organizzazioni in processi inclusivi, attraverso consulenza e formazione. Per sapere come superare i limiti della digital divide e rendere la tua impresa più inclusiva visita la pagina dedicata o scrivi a staffdna@differenceinaddition.org per un incontro gratuito con i nostri professionisti.

 

A cura di Federica Maiucci

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